15 lug 2010

LE CASTAGNE SONO BUONE

Bhe, in effetti le castagne sono solo un simbolo in questo film di Pietro Germi del 1972.



E' la storia di un regista televisivo, Luigi Vivarelli, donnaiolo e superficiale che conosce ed è attratto da Carla Lotito, studentessa di architettura e cattolica praticante.
Carla per esprimere il proprio credo nei veri, semplici valori della vita utilizza "le castagne sono buone" come aforisma, ripetendo un'espressione del padre morto.
Da questo amore fra due caratteri opposti e l'arrivo della sorella Teresa, attrice fallita ed assai disinibita, si sviluppa un film non straordinario; anzi generalmente considerato il peggiore di Germi.
Il film porterà Luigi a lasciare la sua vita da vitellone, iniziare un film sui "veri valori" e metter su famiglia assieme alla cattolica Carla.




E' interessante però notare come le castagne diventino simbolo di questa ricerca di una normalità nella tradizione e nella semplicità.

Sono finiti gli anni '60, iniziati da Fellini con la "Dolce vita"; le ricette per un ritorno alla realtà sembrano oscillare da "formidabili quegli anni" di chi si rifugia (e talora sfrutta abilmente) l'impegno in politica e coloro, come Germi, che indicano un ritorno ad uno stato più semplice, legato alla natura e garantito dai valori della tradizione.
Un aspetto minore è il notare come il consumo delle castagne fosse letteralmente crollato dopo la guerra: le castagne ricordavano quegli anni di privazioni, di fame, di povertà, cose da cancellare nell'Italia del boom.
Anche a causa dell'abbandono della montagna e dei tagli indiscriminati dei boschi, in pochi anni si passa da una produzione nazionale di circa 6 milioni di quintali a poco più di 500.000.
Le castagne nei mercati all'ingrosso costano meno delle mele.

La ripresa inizia proprio nei '70, quando le stesse pulsioni emotive, filtrate dal tempo, si trasformano: non più "povertà" ma "semplicità", non più "fame" ma "ricerca della moderatezza".
Le castagne ricordano tempi (della cui durezza si è persa la reale misura) in fondo meno complessi, in cui i "valori" garantivano un andamento rassicurante, in completa antitesi con la destrutturazione di regole della tradizione attuate nel decennio precedente. Quindi non una vera reazione, ma un semplice stato momentaneo in cui nascondersi dall'irruzione di un mondo in cambiamento visto come troppo accelerato.

Pulsioni che però saranno destinate ad esercitare un impatto permanente sui decenni successivi, basti pensare ad alcuni aspetti del complesso pensiero di SlowFood, e soprattutto ai vari epigoni minori, che sembrano offrire un approdo, "ovviamente" per il week-end ed a pagamento, dalla realtà quotidiana.